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    Selfie: incontro con il regista Agostino Ferrente

    MGFF School in the city è un percorso costruito per il presente e per il futuro dei Ragazzi, tracciato dalla visione di film scelti allo scopo di sensibilizzare e affrontare, in presa diretta con i registi, tematiche importanti e contemporanee. Il progetto ha previsto il supporto fondamentale di Rai Play e MyMovies per la visione dei film e del giornalista Antonio Capellupo.

    Gli stereotipi di un quartiere popolare di Napoli è la base di partenza del quinto incontro del Magna Graecia School in the city con l’analisi del documentario “SELFIE” del regista Agostino Ferrente.

    Cos’è la criminalizzazione della vittima?

    Agostino Ferrente riconosce dei piccoli eroi, nei giovani che non si lasciano attrarre dalla criminalità. La delinquenza rappresenta il datore di lavoro più facile e remunerativo per il mondo giovanile dei quartieri più poveri. Ferrente parla agli studenti di Criminalizzazione della vittima, ovvero l’atteggiamento mediatico di far cadere sulla vittima una colpa, quasi a giustificare il reato. Ferrente ha scelto di raccontare la storia dal punto di vista dei ragazzi di un quartiere difficile di Napoli, allo scopo di abbattere lo stereotipo e ripartire dagli occhi di chi guarda e di chi vive il disagio.

    Pietro Orlando in una scena di Selfie

    La scelta del selfie

    Usare il cellulare, invece della telecamera, non ha cambiato la tipologia di ripresa. Come passare inosservati senza imbarazzi? Con un oggetto di uso quotidiano, come il cellulare.

    I ragazzi, racconta Ferrante, non hanno provato l’imbarazzo di “recitare” in presenza dell’operatore, bensì l’azione di “guardarsi nello specchio”, essendo operatore e attore di/per sé stessi, ha reso Alessandro e Pietro responsabili dei contenuti e delle modalità di registrazione.

    Ecco che, all’interno delle scene, soggettiva e oggettiva coincidono, molto raro nel cinema. Allo stesso modo, anche il primo piano e il totale, andando a creare un effetto immersivo totale e senza bisogno di effetti speciali.

    Pietro Orlando e Alessandro Antonelli, protagonisti del documentario Selfie

    Dedicato a Davide

    Davide era un vicino di casa dei due ragazzi e l’erronea morte, a soli sedici anni, è stata accolta con pregiudizio dalla comunità. Davide non era un camorrista e aveva diritto ad un processo, invece è stato scambiato per qualcun altro ed è morto a causa di un colpo sparato per errore. Alessandro e Pietro sono parte di un lutto che ha colpito un intero quartiere, creando amarezza e la scena dei ragazzi sul motorino di notte, senza casco, vuole dimostrare che il poliziotto che ha sparato Davide era mosso dallo stigma sociale e non sarebbe successo se, invece di trovarsi in Rione Traiano, fosse stato in un buon quartiere.

    Consigli per il futuro

    Ferrente ha spronato i ragazzi a mettersi in gioco con la creazione di un cortometraggio, certamente più semplice da realizzare di un documentario, invitandoli anche a farsi aiutare, da coetanei o adulti, per la parte cooperativa e perché no, magari sull’impronta di “Selfie” investendo su sé stessi come attori e registi.

    Trama

    Interamente girato in “video-selfie”, racconta la vita di Alessandro e Pietro, due sedicenni del Rione Traiano di Napoli, un mondo in cui non diventare camorrista può essere una scelta. Il film ha vinto un premio ai David di Donatello 2020 e ha ottenuto 1 candidatura agli European Film Awards.

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