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    Easy Living – La vita facile: incontro con i registi Orso e Peter Miyakawa

    MGFF School in the city è un percorso costruito per il presente e per il futuro dei Ragazzi, tracciato dalla visione di film scelti allo scopo di sensibilizzare e affrontare, in presa diretta con i registi, tematiche importanti e contemporanee. Il progetto ha previsto il supporto fondamentale di Rai Play e MyMovies per la visione dei film e del giornalista Antonio Capellupo.

    I diritti umani e la migrazione sono le tematiche affrontate dal quarto incontro del Magna Graecia School in the city con l’analisi del lungometraggio “Easy Living – La vita facile” di Orso e Peter Miyakawa.

    Una commedia che ha conquistato il pubblico del Torino Film Festival, in grado di parlarci di chi siamo e di chi vorremmo essere, tra l’ironia, la speranza e un grande senso di umanità.

    Retroscena

    Interamente ambientato a Ventimiglia, sul confine italiano, all’interno del film si incrociano un gran numero di etnie e nazionalità. Con l’intenzione di omaggiare i luoghi, oltre alle tematiche, nel preparare il film i registi raccontano la lunga ricerca sul territorio che li ha condotti a entrare in contatto con storie ed esperienze, come quella de “il bar Hobby” di Ventimiglia che, da quando si sono inasprite le questioni del confine, ha ospitato i migranti bloccati,  venendo lentamente etichettato come “il bar dei migranti” e rischiando il fallimento»

    Intorno ad Elvis vortica un gruppo eterogeneo che appaga le singole solitudini e affronta, spesso senza esserne pienamente consapevoli, temi centrali come i diritti umani. È un esempio di cinema del reale:documenta la realtà senza filtri, scegliendo di mostrarla attraverso una storia che possa creare empatia con lo spettatore.

    «Non avevamo la presunzione di fare un documentario, quindi l’abbiamo un po’ personalizzata, colorata, per renderla adatta a un luogo delle favole, ma vicino a tutti i luoghi di confine. »

    Easy Living – La vita facile

    La scelta del titolo

    Il doppio titolo (in inglese e italiano) ha incuriosito gli studenti che, come già accaduto nell’incontro con il regista di Padrenostro, hanno chiesto ai registi le ragioni che hanno condotto al titolo definitivo.

    «“La vita facile” è estratto dal monologo dell’americano» hanno dichiarato i Miyakawa, prima di sottoporre ai ragazzi la domanda: Quante volte avete sentito qualcuno affermare pienamente di vivere una vita facile?

    I registi sono partiti da questo assunto con la piena consapevolezza delle difficoltà che talvolta costruiamo intorno a noi, cambiando la percezione della nostra vita e tirando fuori problemi che, in modo soggettivo, risultano ostacoli difficili da superare.

    Romanzo di formazione

    La diegesi ruota intorno alle esistenze, tutte diverse tra loro, dei quattro amici che si trovano a condividere l’estate sul confine. Ognuno per motivi diversi, finiscono con il mettersi a confronto e svelare le proprie fragilità, in particolare si crea l’opposizione caratteriale tra Elvis, il sensibile protagonista che comprende le difficoltà mentali degli altri e Don, il figo, il ragazzo dalla corazza dura e resistente come l’acciaio. Tra Don e Elvis, ad essere più forte risulta essere proprio il più piccolo Elvis per il suo lato umano e la comprensione. L’idea di identità che non equivale alla nazionalità, ma a ciò che sei.

    Spoiler Alert: il finale

    La corsa finale del film rappresenta la presa di posizione e la scelta definitiva di correre verso la propria crescita. Per Elvis significa scendere dal treno e, letteralmente, correre a perdifiato.

    Si tratta di un finale chiaramente aperto che attraversa il confine, geografico e formativo, tracciando l’inizio di un nuovo percorso. Se l’obiettivo finale dei personaggi è oltrepassare la frontiera, per i registi si tratta di riuscire a portare Elvis a prendere la decisione di fare il salto, con l’aiuto degli altri.

    Orso e Peter Miyakawa, registi di Easy Living – La vita facile

    Omaggi cinematografici in “Easy Living – La vita facile”

    I primi 5 minuti sono particolarmente lenti, ma anticipano un’esplosione della normalità, da cui scaturisce la velocità della narrazione.

    «Ci siamo divertiti a dare ai personaggi più tempo prima che qualcosa di straordinario sconvolgesse la loro vita»

    Il film è tratto da storie personali intrecciate in modo da strutturare una macro-storia corale. Ogni filo è differente dall’altro e tutti, con diversi livelli di protagonismo, è stata redatta da zero. Ogni scena molto drammatico è seguita da una molto leggera, pur rimanendo coerenti, il film concede allo spettatore il tempo di incamerare l’accaduto e, la componente comica sdrammatizzante, potenzia il momento drammatico, cogliendo alla sprovvista lo spettatore.

    ZOOM IN / OUT è generalmente poco utilizzato nel cinema, ad esclusione del film “Le Iene” di Quentin Tarantino, a cui i registi fanno un chiaro omaggio. Stessa trasparenza anche per la scelta tecnica di replicare la scena ONE SHOT di Wes Anderson. Invece sono modesti e disseminati nell’intero film i richiami alla commedia all’italiana degli anni ’70.

    Curiosità

    Dopo un iniziale montaggio di circa 150 minuti, i fratelli Miyakawa raccontano di aver scelto di ridurre la durata delle scene, senza sopprimerne nessuna, focalizzandosi sul dettaglio e sulla dilatazione della scena, affinché l’attore fosse libero di esprimersi e “lasciare il cuore” nella scena.

    Consigli per il futuro

    Perché il cinema contemporaneo italiano è fermo e guarda ai registi del passato?

    «Il cinema italiano ha dei riferimenti piuttosto importanti, ma bisognerebbe anche capire che la percezione del cinema italiano all’estero è diversa rispetto alla nostra.»

    Grazie all’energia e la voglia che di mettersi in gioco per la prima volta, tutti possono far cinema divertendosi. I registi hanno coinvolto gli studenti raccontando del livello altissimo di carica e del morale alto che ha contraddistinto le riprese. La piccola troupe che ha girato il film era composta da circa 20 tra giovanissimi e trentenni.

    «Il cinema deve rimanere un gioco per chi lo fa, dilata l’infanzia e quella spensieratezza è importante.»

    Trama

    Un ragazzino di quattordici anni, una giovane universitaria che contrabbanda medicine sulla frontiera italo-francese e un bizzarro maestro di tennis americano che sogna di fare il pittore… Le loro vite vengono scombussolate dall’incontro con un migrante clandestino che cerca di passare il confine con la Francia. Siamo a Ventimiglia e tra tennis club, cene consumate a lume di candela e vecchi film visti al cinema, l’improbabile trio composto da Brando, Camilla e Don, insieme a Elvis, legati tra loro da un insolito legame di amicizia, affronterà una piccola, grande avventura.

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